il giudice di pace

    All'udienza   del  6 ottobre  2004  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza  nel  giudizio  iscritto  al  n. 313/04  R.G.  promosso da:
Tomaificio  «Ginex»  di  Capodivento  Orazio  Antonio,  con  sede  in
Trinitapoli  alla  via  Angiulli,  11,  nella  persona del suo legale
rappresentante  pro  tempore,  sig. Capodivento Nicola, elettivamente
domiciliato  presso  lo  studio dell'avv. Sabina Rosa Dicuonzo che lo
rappresenta   e   difende  giusta  procura  a  margine  del  ricorso,
ricorrente;
    Contro Comune di Cerignola, resistente.

                              F a t t o

    Con  ricorso  depositato  il  31 maggio  2004 il sig. Capodivento
Nicola,  nella  qualita'  di  legale  rappresentante  del  Tomaificio
«Ginex»  di Capodivento Orazio Antonio S.n.c. assumeva che il Comando
di  p.m.  di  Cerignola  con  verbale n. V400455 Reg. n. 679/2004 gli
contestava  la  violazione  di  cui  all'art. 142/8  c.d.s.  per aver
l'autovettura  Volkswagen Polo tg. AV095TE, in data 2 marzo 2004 alle
ore  15,37  circolato  sulla  SS.  16  alla  velocita'  di  Km/h 117,
superando cosi' il limite imposto di K.
    Accertamento effettuato a mezzo apparecchio Autovelox 105 SE.
    Pertanto   chiedeva   che,  previa  sospensione  della  efficacia
esecutiva  del  verbale  di contestazione limitatamente alla parte in
cui veniva fatta richiesta dei dati ex art. 126-bis, comma 2, c.d.s.,
ai  fini  della  decurtazione  dei  punti  della  patente,  avendo la
societa'   provveduto   al  pagamento  della  sanzione  inflitta  per
Euro 144,45,  fosse  posto  nel nulla perche' illegittimo data la sua
manifesta illegittimita' costituzionale; in subordine chiedeva che il
verbale  impugnato  fosse  posto  nel  nulla  per non essere stato il
ricorrente l'autore della violazione.
    A  sostegno  della  opposizione deduceva il ricorrente come unico
motivo  la illegittimita' costituzionale dell'art. 126-bis del d.lgs.
30 aprile  1992,  n. 285,  cosi' come inserito dall'art. 7 del d.lgs.
n. 9/2002, per violazione degli artt. 2, 3 e 24 della Cost.

                               Diritto

    Dall'esame  degli atti e della documentazione allegata, rileva il
giudicante   che   al  ricorrente,  quale  proprietario  del  veicolo
contravvenzionato,    in    applicazione    del   disposto   di   cui
all'art. 126-bis,  d.lgs.  n. 285/1992  e'  stato  fatto  obbligo  di
comunicare  le  generalita'  del  conducente  del  proprio veicolo al
momento  della  violazione,  pena  la  irrogazione  di  una specifica
sanzione  pecuniaria  con  conseguente decurtazione dalla sua patente
dei punti prescritti dalla norma violata.
    Cio'  premesso,  questo  giudicante ravvisa la non conformita' ai
principi costituzionali della suddetta norma, ritenendo sussistenti i
predetti  presupposti  per  sollevare  la questione di illegittimita'
costituzionale di quest'ultima nella parte in cui cosi' recita:
    «Nel  caso  di mancata identificazione di questi, la segnalazione
deve  essere  effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo
che  lo  stesso  non  comunichi  entro  trenta giorni dalla richiesta
all'organo  di  polizia che procede, i dati personali e della patente
del   conducente   al   momento  della  commessa  violazione.  Se  il
proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale
rappresentante o un suo delegato e' tenuto a fornire gli stessi dati,
entro  lo  stesso  termine,  all'organo di polizia che procede. Se il
proprio  del  veicolo  omette di fornirli, si applica a suo carico la
sanzione prevista dall'art. 180, comma 8», per i motivi che seguono.

                             M o t i v i

    La patente costituisce il permesso amministrativo per condurre un
veicolo e viene conseguita a seguito di pubblico esame.
    L'ottenimento   di   tale   permesso   fa  maturare  in  capo  al
beneficiario  un  diritto  che  rientra nell'esercizio delle liberta'
costituzionalmente tutelate.
    Dall'esame  del dettato costituzionale, portato dagli artt. 2, 3,
13  e  24,  emerge  di  tutta  evidenza  che  l'art. 126-bis,  d.lgs.
n. 285/1992  comprime  la tutela costituzionale, violandola; con tale
norma,  infatti, il legislatore ha voluto costringere il proprietario
non   solo   a  denunciare  un  terzo  quand'anche,  in  difetto,  ad
autodenunciarsi.
    Non  vi  e'  norma  alcuna  che  possa  costringere  a  tanto  un
cittadino,  fatta eccezione per l'art. 364 c.p., posto a tutela della
personalita'  dello  Stato  e  solo  per  reati che prevedono la pena
dell'ergastolo.
    Il  citato art. 126-bis, tra l'altro in contrasto con il disposto
di  cui  all'art. 196  c.d.s., che prevede la sola solidarieta' delle
sole   sanzioni   pecuniarie   tra   conducente   e  proprietario,  e
all'art. 210   c.d.s.   che  prescrive  la  intrasmissibilita'  della
sanzione  accessoria, genera situazioni inconciliabili con i precetti
costituzionali.
    Si  pensi  al proprietario del veicolo, che non ha mai conseguito
la  patente  o  cui  e' stata revocata la patente, che verrebbe cosi'
sottratto  alla  sanzione  accessoria;  si  pensi  ancora  al  legale
rappresentante di una societa' che si vedrebbe applicare una sanzione
amministrativa  personale pur non essendo proprietario del mezzo, che
invece  appartiene alla societa' rappresentata, tra l'altro ignaro di
cio'   che   avviene   nei   reparti  operativi,  o  al  capofamiglia
intestatario  del  mezzo,  utilizzato  alternativamente  da  tutti  i
componenti della famiglia stessa.
    Da  tanto consegue: la violazione dell'art. 3 della Costituzione,
verificandosi  una  discriminazione  tra  il  cittadino  titolare  di
patente   e  l'altro  che  non  la  possiede;  la  violazione  ancora
dell'art. 2   della   Costituzione   essendo   violato   il   diritto
fondamentale   del   cittadino  di  non  subire  sanzioni  personali,
quand'anche   amministrative,   senza   essere   responsabile   della
violazione contestata; la violazione dell'art. 13 Cost. per risultare
compressa  la liberta' del cittadino, costretto a subire una sanzione
amministrativa  personale  autodenunciandosi  o, in difetto, a subire
una  sanzione  pecuniaria  ove  mai non fosse in grado di indicare la
persona del conducente al momento della violazione.
    A  tal  proposito, si rileva che il nostro ordinamento giuridico,
informato  a  principi  liberali,  non  prevede  che  si possa essere
costretti  ad  agire  contro  se stessi, cioe' ad autodenunciarsi; e'
invece   l'autorita'   preposta   che   deve   accertare  l'identita'
dell'autore dell'illecito.
    La  norma  in  contestazione,  inoltre,  viola il precetto di cui
all'art. 24  Cost. nella parte in cui non consente al proprietario di
poter  spiegare  difesa  alcuna,  quand'anche  mirata  a  provare  la
impossibilita'  di  conoscere l'identita' del conducente, non essendo
prevista scriminante alcuna.
    La    irrogazione    di   sanzioni   pecuniarie,   inoltre,   con
«contestazione   differita»,   costituisce   gia'   di  per  se'  una
compressione  del  diritto  di difesa, come tale derogatoria rispetto
alla  norma  costituzionale  in esame; appare pertanto illegittima ed
inaccettabile  tale  compressione  se  riferita a sanzioni personali,
quali appunto la decurtazione dei punti.
    Per   ultimo,  quand'anche  riferita  alla  sola  responsabilita'
penale,  si  ritiene violata anche la norma di cui all'art. 27 Cost.,
ritenendo  estensibile  tale  norma anche all'articolo in esame, che,
pur  disciplinando  solo  un  illecito  amministrativo,  nella  parte
sanzionatoria incide sulla liberta' dell'individuo.
    La responsabilita' dell'illecito non puo' che essere personale ed
il  legislatore, sanzionando una persona diversa dal responsabile con
una   misura   personale,   viola   il   sopra   richiamato  precetto
costituzionale.
    Per  i  motivi  sopra esposti questo Giudicante, ravvisata la non
conformita'   al   dettato   costituzionale  dell'art. 126-bis  d.lgs
n. 285/1992,  cosi'  come  inserito  dall'art. 7, d.lgs. n. 9/2002, e
ritenuto  che  la  questione  appare rilevante per la definizione del
giudizio,  dovendosi  altrimenti  pervenire  al  rigetto  del ricorso
presupposto  e  che  quindi  debba  preventivamente essere risolta la
questione di legittimita' costituzionale della norma predetta.
    Visti gli artt. 295 c.p.c. e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87,